L'impatto di J. R. R. Tolkien nella mia esperienza

Tavola Rotonda


[Piacenza, 24 ottobre 2010 A = Alberto Quagliaroli, D = Davide Cattaneo E = Elena Grecchi, F = Franco Manni, G = Giuseppe Roncari, L = Lorenzo Daniele]



(gentile e paziente sbobinatura ) di Elena Grecchi



Nei libri che abbiamo letto

F – Siamo qui riuniti per discutere dell'impatto di Tolkien nella nostra esperienza. Per ordinare il discorso, come prima parte, vi chiedo qual'è l'impatto di Tolkien nei libri che noi conosciamo. Cominciamo dai quelli che esplicitamente fanno riferimento a Tolkien, non intendo libri di saggistica, ma volumi di narrativa o di poesia, e proviamo a fare l'elenco di quelli in cui sia proprio citato Tolkien in modo esplicito. In altri il nostro autore preferito non è menzionato esplicitamente, ma vengono ripresi pesantemente le tematiche e i personaggi: non potrebbe esistere “La spada di Shannara”, ad esempio, se non ci fosse stato Tolkien. Mi ricordo che più volte nei libri di Stephen King, nella saga della Torre Oscura se non erro, venga fatto più volte il nome di Tolkien.

G – Senz'altro viene citato in “It”, in cui si dice: “Si sentiva come Frodo a Monte Fato”. Anche nella saga della Torre Oscura viene nominato più volte, anche se adesso non saprei dire esattamente dove.

E – Anche ne ”L'ombra dello Scorpione” vi è un riferimento esplicito a Tolkien. Nel romanzo “It” poi il finale è chiaramente una citazione: si trovano davanti Shelob.

G – Più che Shelob Ungoliant, il ragno gigante, un orrore che viene dallo spazio esterno, un po' un misto fra Lovercraft, i racconti di Chtulu e Tolkien uniti in un unico mostro che viene combattuto con armi psicologiche da una compagnia che non a caso a dei numeri mistici. Il libro è diviso in due parti, quando sono bambini sono in sette, un numero mistico molto forte, poi uno si suicida a causa di It e un altro è troppo malato per seguirli nelle fogne di Derrry, cittadina del Maine, per cui alla fine rimangono in cinque e Stephen King fa dire al mostro: “Certo anche il cinque è un numero mistico, ma molto più debole del sette”. La cosa molto bella di “It” rispetto a tanti altri romanzi è che il protagonista cambia totalmente. Mentre l'eroe nella prima metà del libro è l'alter ego di Stephen King, nella seconda parte quest'uomo viene sconfitto e un amico interviene e risolve la situazione. Un po' come Frodo e Sam, il mostro non se l'aspetta che qualcun altro sia in grado di sfidarlo e di vincere. In un altro romanzo, “Stella del mattino” di Wu Ming, Tolkien stesso diventa uno dei personaggi insieme a C. S. Lewis, Lawrence d'Arabia e altri personaggi del tempo.

A – Io purtroppo non ho una profonda conoscenza della letteratura attuale, ma quello che noto è che l'idea della creazione di mondi e di razze, originale in Tolkien, è diventata la base di migliaia di romanzi di fantasy.

L – Io mi rammento che da ragazzo avevo letto un racconto di Edgar Allan Poe che s'intitolava: “Il dominio di Arnheim” dove c'è un tentativo da parte di Poe di creare un mondo immaginifico simile a quello reale tramite la figura di un ricco proprietario terriero che decide di punto in bianco, avendo a disposizione enormi fortune, di trasformare i suoi terreni come fossero abitazioni degli dei. Quindi comincia a curare le foreste, a mettere a posto le fontane come fossero abitazioni di ninfe, di silfidi e via di seguito. Poe cerca di rendere il vissuto come un qualcosa di straordinario. Il racconto è molto breve, ma molto efficace e in alcuni punti raggiunge dei vertici di alta poesia.

F – Il nostro elenco di esplicite citazioni è già finito mi sembra. Come tematiche a me la prima cosa che viene in mente è il ciclo di Shannara perché lì si forma una compagnia con razze che sono state sdoganate da Tolkien: l'Elfo, una specie di Hobbit, un mago, il chierico, che non esiste in Tolkien. Se ci stiamo a pensare nei tantissimi libri fantasy che sono arrivati negli anni Settanta, Ottanta, Novanta e nell'ultimo decennio, compaiono mondi inventati, fantastici, molto dettagliati, addirittura con le mappe chiaramente ispirati all'opera del nostro. In un libro di saggistica Ursula K. Le Guin, una scrittrice di fantascienza e di fantasy, ha detto che si è ispirata a Tolkien per l'idea della mappa di Earthsea.

E – A me viene in mente “La ruota del Tempo” di Robert Jordan, dove è presente una costruzione dettagliata di questo mondo, il concetto della ruota, gli eventi che si ripetono e le razze diverse, tra cui una che assomiglia molto a un archetipo dell'elfo tolkieniano.

L – Si potrebbe dire che un po' tutti i libri di fantasy scritti al giorno d'oggi in un modo o nell'altro fanno direttamente o indirettamente riferimento alla saga di Tolkien.

F – Tornando a Earthsea una cosa molto Tolkieniana è che non c'è un solo protagonista, ma più protagonisti che via via, durante i cinque romanzi, appiano in primo piano, facendo diventare l'opera corale.

E – “Il Signore degli Anelli” è molto ripreso anche nei libri di Harry Potter, dove si vede la battaglia tra il bene e il male, e dove il male è rappresentato da una sorta di oscuro signore.

G – In Harry Potter Silente è Gandalf. Nel genere fantasy è più facile dire cosa non è ispirato da Tolkien, perché ci sono dei filoni come quello dell'eroe, dei romanzi di Conan il Barbaro di Robert Ervin Howard ad esempio, che sono originali. Oltre all'eroe abbiamo gli universi paralleli, come nei romanzi di Philip Pullman: “La bussola d'oro”, “Il cannocchiale d'ambra”, “La lama sottile”, in cui si parla di mondi che si compenetrano e dove si parte dal nostro mondo per andare in altri, paralleli. E poi ci sono le saghe post apocalittiche, post atomiche. In realtà Shannara è una saga apocalittica post atomica, ma viene detto che lì gli elfi c'erano stati, poi si erano allontanati per qualche secolo, e infine, dopo la bomba atomica, erano tornati.

A – Poi abbiamo la serie dell'Ironic Fantasy, bellissima, con autori come Pierce Anthony e Terry Pratchett. Pratchett è un esperto famoso del mondo di Tolkien, e ci si diverte.

F – Harry Potter mi sembra che abbia preso molto da Tolkien, nei film poi vi è lo stesso doppiatore: Gianni Musi, che fa sempre la voce dei vecchi saggi. Nei libri di George Martin invece vi è un'altra ispirazione, l'autore parla di famiglie aristocratiche che lottano per il potere in maniera cinica e non c'è nessun personaggio buono, tranne Ed Stark ma muore quasi subito. Poi abbiamo Michael Moorcock con la saga di Elric di Melniboné, molto pessimistico, molto pagano e che affermava chiaramente di odiare Tolkien.

L – E' molto esplicito Moorcock su questo in un intervista. Vorrei aggiungere che molti sostengono che con Tolkien si è inaugurato il genere fantasy, ma è un errore colossale perché Robert Ervin Howard negli anni Trenta aveva già scritto la saga di Conan il Barbaro.

E- Effettivamente a me è capitato per le mani un libro antecedente Tolkien: “il Serpente Ouroboros” di Erik Rucker Eddison, ambientato in un mondo fantastico.

G – Un altra saga è quella scritta da Stephen R. Donaldson, la saga di Thomas Covenant l'incredulo, che è meta fantasy, perché si basa sulla sospensione dell'incredulità. Il protagonista è uno scrittore malato di lebbra che ha abbandonato la moglie e il figlio perché si sente indegno, impuro. Viene investito, cade in coma e si trova in un altro mondo dove lui è un eroe, ma non ci crede, non crede che questo mondo esista, pensa di essere in un sogno. Volevo poi precisare che il genere fantasy è nato con L'Eneide, l'Iliade e l'Odissea. Le saghe che stanno andando molto di moda adesso, dove i protagonisti sono vampiri e licantropi, si rifanno in qualche modo a Tolkien, Sauron infatti era il signore dei lupi mannari e dei vampiri e in un periodo in cui l'unico vampiro di cui si fosse parlato era Dracula, è strano che li avesse inclusi.

E – Tolkien era un esperto di folklore, gli piacevano le leggende dei luoghi e di vampiri e di licantropi si è sempre raccontato intorno al fuoco.

D – In molto romanzi, posteriori a Tolkien, quello che è stato ripreso parecchio è il tipo di personaggio. Frodo, ad esempio, è l'eroe di umili origini che di fronte alla prova dimostra di avere più capacità di quelle che lui stesso o altri gli attribuivano. Figure come Gollum, che ha una doppia personalità, mi fa venire in mente “La metà oscura”, di Stephen King. Il mago buono che ha capacità salvifiche piuttosto che guaritrici o l'oscuro signore che troviamo in tante saghe e romanzi, sono archetipi di personaggi che vengono utilizzati e calati in altre storie e in altre situazioni.

L – C'è un testo che è stato scritto prima del SdA, che ha degli aspetti sconcertanti di somiglianza: “Sulle scogliere di marmo” di Ernst Jünger, in cui la figura di Sauron è rappresentata dal forestaro, che nelle intenzioni di Jünger era una rappresentazione di Hitler.





Nei film che abbiamo visto



F – Rapidamente, ma a ampio raggio abbiamo passato in rassegna quello che a noi risulta dell'impatto di Tolkien nei libri, ora passerei a film e telefilm. La prima cosa che mi viene in mente, perché la amo, è la saga di Guerre Stellari.

D – Hanno scritto pagine e pagine sulle somiglianze della saga con i libri di Tolkien

F – Io mi ricordo un dotto articolo di Fiorenzo delle Rupi che elencava punto per punto i parallelismi tra le due opere.

G – Un mio amico, appassionato, mi diceva che Lucas lo ha ammesso e che voleva che Luke Skywalker fosse uno hobbit, ma era difficile all'epoca avere gli attori della giusta altezza.

F – Lord Fener ricorda Sauron, ha perso l'apparenza fisica e deve nascondersi sotto una maschera, ne “ Il ritorno delle jedi” si vedono gli Ewoks sulla luna di Endor, che molti odiano, che ricordano gli Hobbit.

G – La spada che fu rotta e le spade laser, la spada di Luke che viene rotta e riforgiata, lui deve crearsela e solo così diventa un vero cavaliere jedi.

F – E poi il compiacimento delle razze: da Chewbecca al bar su Moss Esley che sembra la taverna di Brea.

A – E poi non dimentichiamoci di “Space Balls” che prende in giro Star Wars, e che io ricordo meglio dell'originale!

L – In ogni caso nelle storie esistono da sempre queste figure che cercano, trovano una guida e continuano il loro cammino, è il modello junghiano della ricerca del sé. Viene interpretato così dall'antichità. E nei film viene esposto tramite immagine quello che viene scritto nei libri. Anche nel disneyano “La spada nella roccia” il piccolo Semola è Artù, il vecchio Merlino la guida.

F – Ancora più simili agli Hobbit degli Ewoks sono i personaggi del film Willow.

G – Willow è chiaramente l'SdA senza che gli avessero dato i diritti. Willow vuole fare lo stregone e salva la situazione con un trucco: usando la finta magia fa credere di essere più potente di una grandissima strega. Fa sparire la bambina che doveva essere sacrificata, ma in realtà la nasconde dicendo che la manderà in un luogo dove non potrà mai essere raggiunta dalla strega cattiva. Quello che introduce Tolkien come sua originalità nel tema junghiano è che nel SdA e nel Silmarillion qualcosa deve essere distrutto invece che costruito. Nell'Eneide il protagonista parte per fondare una città qui partono per distruggere l'anello. In Guerre Stellari partono per distruggere la Morte Nera, che è rotonda, come l'anello, ed è un centro di potere. E' la rottura della circolarità, che è cosa diversa da tanti altri miti.

F – Devo dire che in questo periodo sono usciti una molteplicità di film fantasy come non erano mai usciti prima. Quali hanno un'impronta riconoscibile tolkieniana secondo voi?

G – Spiderman 2 dove lo scienziato pazzo, il Saruman della situazione, è il dottor Octopus che vuole il potere del sole e che con una macchina circolare sta cercando di riprodurre l'energia di una stella. Alla fine deve distruggere la macchina e il messaggio è che devi rinunciare alle volte alle cose che più desideri e dimostrare carattere per poter crescere e andare avanti.

F – Questo aspetto di sacrificio nel SdA è coerente fino alla fine perché Frodo tornato non trionfa, ma soffre e poi abbandona. Non so in quanti film si abbia il coraggio di mostrare che l'eroe alla fine non trionfa, ma muore.

G – Molte fiabe finivano male: cappuccetto rosso veniva mangiata dal lupo ed era educativo perché diceva che dovevi evitare il lupo che poteva essere un pedofilo o un altro genere di persona male intenzionata.

D – Il lieto fine viene raggiunto, ad esempio in Tolkien, nella misura in cui c'è la sconfitta del signore oscuro e torna la pace nella Terra di Mezzo, ma il lieto fine non è per tutti, c'è sempre qualcuno che ne ha pagato le conseguenze, in questo caso Frodo.

E – Il tradimento del lieto fine esiste anche nella fantascienza. Nella prima versione del film: “L'invasione degli ultracorpi”, soprannominato da tutti i baccelloni, si vede un camion carico di questi baccelloni sulla strada per una grande città americana, non vincono i buoni. In un altro film di fantascienza italiana, “Terrore nello spazio” di Mario Bava, che ha ispirato diverse scene di “Alien” di Ridley Scott, nella scena finale sono gli alieni ad atterrare sulla terra, i buoni sono stati tutti uccisi.

F – Mi vengono in mente due fiabe di fine Ottocento che mi facevano sempre commuovere, sono di Oscar Wilde: “Il gigante egoista” e “Il principe felice” che parla di un rondinotto che deve regalare ai poveri della città le scaglie d'oro della statua di un principe, ma la statua comincia a parlare e lo distrae e il rondinotto non si accorge dell'arrivo del gelo, finché lo trovano una mattina stecchito sotto la statua.

G – Secondo me Tolkien ha introdotto l'agrodolce e altre sfumature nella storia, ci suggerisce che ci sono sentimenti diversi, non esistono solo la paura, il coraggio, il bene e il male, ma più corde, più note.

A – A me Tolkien piace perché una semi eucatastrofe c'è alla fine e a me vedere le storie che finiscono male mette giù di morale.

F – Sono d'accordo con Alberto però io vedo questa eucatastrofe in un senso spirituale, sono gli ideali buoni che trionfano alla fine, non le persone. Aragorn forse è l'unico che con l'incoronazione ottiene ciò che desidera.

A – Sì, ma s'interseca con la storia di Arwen, che alla fine muore sola e triste.

F – In una lettera Tolkien dice esplicitamente che il più grosso errore narrativo nel SdA è stato far risorgere Gandalf. Lui diceva: “Non ce l'ho fatta a non farlo risorgere perché c'erano tante scene nella trama che seguiva che non riuscivo a immaginare senza di lui”. Però era consapevole di questo aspetto buonista, perché nella realtà quando le persone muoiono non ritornano.

L – Da un punto di vista strettamente letterario Gandalf è uno dei personaggi portanti del romanzo, non è solo la guida perché di per sé è uno dei personaggi più affascinanti e più accattivanti dell'intero romanzo.







Nelle persone che abbiamo conosciuto



F – Ora passerei alla parte che riguarda l'influenza di Tolkien sulle persone del nostro tempo e intendo sia le persone che conosciamo: i miei studenti, gli amici, in che misura conoscano, amino o odiano Tolkien, sia persone altre: nelle case editrici o nei mass media, nel giornalismo o nelle parrocchie. Ad esempio ho un amico (Gianni Cavallari) che non è un tolkieniano, ma è appassionato di fantascienza e ha sempre stimato molto Tolkien, l'ha letto, ha preso i film. Negli studenti vedo che quando faccio una citazione, parlo ad esempio di Gandalf, mi capiscono, sanno di chi sto parlando, quindi noto che in loro c'è stata una qualche forma di avvicinamento.

L – Sì ma quando si parla di film è una sorta di avvicinamento diverso rispetto al libro. Chi ha visto solo il film, con tutte le sue differenze rispetto al testo originale, ha un'idea del SdA che non è corretta e probabilmente non riusciranno mai a esplorare e a conoscere le profondità abissali libro.

A – Io posso dire che chi ha visto il film e non ha letto il libro ha poi letto il libro, mentre altri, spaventati dalla lunghezza, si dono fermati.

E – Io invece ho notato che le persone che conosco si dividono grosso modo in due categorie chi l'ha letto, gli può essere piaciuto o meno, ma l'ha letto, e chi ha smesso dopo poche pagine, e magari è un lettore di fantasy o di fantascienza, ma non riesce ad andare avanti, non supera il primo scalino: o Lo Hobbit o il primo capitolo del SdA.

G – Io nel passato ho fatto una cosa molto sbagliata: cercavo d'imporre il SdA ai miei amici, in modo che lo leggessero, ma ogni cosa che tu obblighi a fare viene odiata. Un mio amico di Lecco (Roberto Castagna) alla fine lo ha letto e diventava un elemento comune su cui potevamo discutere di tante altre cose. Stessa cosa con mia sorella, diventa un substrato mentale, un codice comune a cui si può far riferimento in tante scene, in tante occasioni. Per quanto riguarda i film secondo me è tesi, antitesi e sintesi di Hegel: la tesi è il SdA, il libro, poi vengono tutti i film d'azione, tutta la storia del cinema, tutti i fantasy degli altri autori, che è l'antitesi, e poi viene il SdA, il film, che è un compromesso.

D – Io ho incontrato due persone nel comune di Cermenate, una è l'ex assessore ai servizi sociali, che era già un lettore di Tolkien, che ha mostrato sempre interesse nella sua produzione e anche nei libri successivi e nelle notizie che poi hanno riguardato l'autore. L'altro era un ragazzo che ha fatto l'obiettore di coscienza in comune, ha visto i film, poi ha letto il libro, era appassionato di modellini e si è dedicato per diverso tempo alle miniature del SdA. Sono due approcci diversi di persone che hanno mostrato un interesse un po' più avanzato rispetto al solito. Ad altri non è piaciuto il film tanto meno hanno pensato di leggere il libro.

A – Nel mio caso ho avuto completo insuccesso nel comunicare Tolkien agli altri, per cui ho rinunciato molto presto.

F – Alberto volevo chiederti per quel che ti risulta dell'ambiente religioso, cristiano, che bazzica le parrocchie, tu cosa hai visto come impatto di Tolkien, anche negativo.

A – Io ho notato che dal momento in cui hanno fatto i film volentieri nelle parrocchie lo utilizzano per fare attività, considerandolo un autore cattolico. So di una ragazza che ha conosciuto Tolkien attraverso delle monache di clausura, poi ho sentito di vari casi di citazioni di Tolkien in omelie. Possiamo poi notare come abbia dato origine a filoni interpretativi diversissimi: uno quasi ateistico, uno dei figli dei fiori, uno della destra estrema, quello della destra cattolica, quello della sinistra moderata. Il nostro lavoro a questo punto deve essere favorire l'interpretazione dell'autore sulla base della conoscenza.

E – Io ricordo quando lavoravo, alcuni anni fa, nella sede della casa editrice Unicopli, orientata a sinistra, non si poteva nemmeno nominare Tolkien, che era considerato un autore di destra. Ricordo poi il caso di una giornalista che fa critica cinematografica, Erica Arosio, che commentando i film dichiarava esplicitamente che non riusciva a essere obiettiva perché continuava a vederlo come un autore di destra. Quindi io non mi sento di dire che a sinistra in Italia Tolkien sia stato sdoganato.

F – Io confermo che la sinistra non l'ha affatto sdoganato. Ho frequentato due ambienti di sinistra nel corso degli anni, uno è Rifondazione Comunista e l'altro è quello dei miei colleghi insegnanti, che sono in larga maggioranza orientati a sinistra. Si aggiunge in questo caso il pregiudizio intellettualoide per cui la letteratura fantastica è roba da bambini, di serie B. Ho una collega, ma è singola e una rondine non fa primavera, che è interessata.

A – A questo proposito io ho un'esperienza strana, quando ho fatto servizio civile nel centro educativo per minori, una ragazzina è venuta con una edizione ridotta in inglese del SdA che la sua prof aveva fatto leggere per imparare l'inglese.

G – Il pregiudizio maggiore che ho affrontato è in famiglia. A parte mia sorella, che si è convinta a leggerlo, per mia madre per esempio quando venivo per le prime volte a fare le tavole rotonde Tolkien era: quelle cose dei mostri. Non so bene perché avesse associato i mostri, qualcosa tra l'infantilismo, un piacere morboso per cose contorte, per storie di fantasia che non hanno niente a che vedere col reale. Forse l'atteggiamento scettico di sinistra può derivare da questa fuga dal reale.

D – E' in fondo l'idea che il dedicarsi alle cose di fantasy era una perdita di tempo.



L – Credo invece che quello che dia più fastidio ancora adesso sia il fatto che Tolkien, volente o nolente, era un tradizionalista in un epoca come la nostra, in cui si stanno in un certo qual modo tentando di scardinare questi valori e per ritorsione questi valori continuano a riaffiorare. Ad esempio io vedo nei nostri comuni canavesani, queste rievocazioni medievali che una volta erano due o tre all'anno e che adesso fanno da tutte le parti quasi ogni domenica.

F – Volevo chiederti Alberto tu hai fatto una tesi su Tolkien, come è stata l'interrelazione su questo punto.

A – La tesi era sul problema del male nella sub creazione tolkieniana, pubblicato su Endore. I professori giovani della commissione erano tutti tranquilli e senza problemi, invece i sorrisini ironici venivano dal professore di sacre scritture, che pur si considera un moderno per l'analisi storico critica della bibbia. Tra i preti giovani direi che c'è un atteggiamento positivo, il clima generale li ha aiutati, poi c'è chi ha fatto giochi di ruolo o ha visto il film.

F – Quando dico mi occupo di Tolkien, pochissimi sanno chi sia, poi aggiungo è quello del SdA, allora capiscono, ma il nome non si conosce. Nei giornali poi voglio sottolineare che vi è un'incompetenza totale. Sul quotidiano Repubblica quando sono stati fatti i film c'era Natalia Aspesi a fare le recensioni, e non solo era totalmente incompetente, ma anche ostile, e confondeva tutto. Anche adesso si fanno pochissime di recensioni su opere fantasy di valore, le fanno sui film,i libri li ignorano, ad esempio non ho mai letto su Repubblica una recensione di George Martin, che pure è vendutissimo.

G – Rimane solo il passaparola. Anche per quello che posso dire io nell'editoria scolastica comincia a entrare nelle antologie d'italiano e di letteratura inglese qualche brano anche dal Silmarillion, oltre che dal SdA, la cosmogonia, la musica degli Ainur. Nei libri di scuola d'inglese è presente a causa del film perché viene considerato un fenomeno noto e quindi c'è interesse magari sugli effetti speciali. Se no la letteratura fantastica in generale viene relegata al passaparola. E' impossibile ucciderla, è un vizio segreto che in fondo anche Tolkien si sentiva di avere. Aveva paura di essere considerato dai colleghi come professore estroso che facesse dei giochetti invece di profonda letteratura, per cui se perfino l'autore stesso era invischiato in questo clima culturale non mi stupirei che anche adesso i recensori e i lettori dimostrino miopia o supponenza quando si tratta di affrontare questo argomento.



In me stesso



F – Ora passiamo all'ultima parte della nostra tavola rotonda: che influsso ha avuto Tolkien in me, come ci sono arrivato, e gli effetti sul mio arredamento mentale. Io ci sono arrivato perché un mia sorella minore, Alberta, aveva comprato per sé il SdA, l'edizione monovolume, e poi pensando giustamente che mi sarebbe piaciuto, me l'ha regalato. Avevo 18 anni, l'ho letto a Civitanova Marche, poi l'ho portato per una seconda lettura a Pisa, alla scuola normale, dove non conoscevo nessuno, e mi consolava la lettura del SdA. Così è come ci sono arrivato: l'ho letto d'un fiato, saltando le parti di poesia, di canzoni, saltando le descrizioni della natura, per leggerlo in pochi giorni. Poi è rimasto in latenza perché non ero incoraggiato. Ho avuto bisogno di un incoraggiamento che è venuto dal club dell'Esagono di Brescia, quando uno di questi giovani, Gregorio Trebucchi di Desenzano, ha proposto di fare un numero unico di una fanzine su Tolkien. Poi la cosa è proseguita: ho fatto per conto della Società Tolkieniana la rivista Terra di Mezzo, che è diventata in seguito Endore, col titolo proposto da Paolo Barbiano. Come arredo mentale direi che Tolkien per me è stato soprattutto questo: è quell'autore che mi ha dato la possibilità di coltivare l'amore per la fantasia senza che questo fosse sentito, dentro e fuori di me, con altre persone, come un occuparsi di cose stupide. Dentro di me perché vedevo il grande valore del professore di Oxford, erudito, fuori di me perché anche altre persone sapevano queste cose. Un'altra cosa che mi ha influenzato e che ho preso molto più da Tolkien che da Manzoni, è l'idea della Provvidenza: l'idea che in mezzo a tutte le vicende possibili e immaginabili si muove qualcosa verso il bene anche quel bene che tu non vedi, quel bene che tu non progettavi nemmeno per te stesso.

A – A quattordici anni io e altri miei amici eravamo appassionati di giochi di società tipo board games . Abbiamo conosciuto un colonnello dell'esercito che era ancora più appassionato di noi e che era uno dei più grandi collezionisti di Europa di giochi, quando abbiamo avuto sedici anni, intorno al 1970, ci ha detto che se volevamo giocare a Dungeons and Dragons dovevamo leggere l'SdA. Mi ha prestato il primo libro e ho cominciato a leggerlo e quell'estate ho passato dieci giorni chiuso in casa in campagna a leggere. Poi il gruppo che era con me non ha continuato coi giochi di ruolo e io ho continuato a giocare con altri ragazzi. Quando ho fatto il centro vocazionale, nel 1999, mi hanno chiesto se avevo un assistente spirituale ho detto che l'unico che avevo avuto, e non ci avevo mai pensato prima, era stato Tolkien. E mi sono reso conto in quel momento di quanto avesse lavorato sotto di me, perché è così che funziona, l'SdA ti fa passare dei messaggi fondamentali per la vita però in un modo non allegorico, non aggressivo, che ti attira se ti fai prendere. Poi ho letto Silmarillion, Tom Bombadil. Chi mi ha fatto capire quello che c'era in Tolkien, è stata Emilia Lodigiani in: “Invito alla lettura di Tolkien”, una tesi di laurea di colei che ha poi fondato la casa editrice Iperborea. Mi ha aperto la mente così come me l'ha aperta il saggio sulle fiabe e il Silmarillion, per la parte teologica.

D – La prima volta che ho avuto notizie di Tolkien ero capo scout, si stavano organizzando le vacanze estive che ogni anno si pensava di ambientare in un mondo, in una storia diversa di anno in anno. Qualcuno aveva letto “Lo Hobbit” e ha proposto di giocare le avventure del libro. Allora mi hanno prestato il romanzo, l'ho letto, poi abbiamo fatto le vacanze che sono andate bene. Ho poi scoperto che questo romanzo aveva un seguito ben più ampio che era il SdA e quell'autunno sono andato a prendermi il libro, l'ho letto senza difficoltà perché mi è piaciuto subito, però finita la lettura l'ho messo da parte, ignorando che esistesse un mondo di fandom. Fino all'anno in cui ero a Perugia all'Empirecon e ho incontrato Franco, da quel momento ho ripreso in mano il romanzo e ho approfondito di più la storia di Tolkien, la produzione. Quello che mi ha aiutato a capirlo sono state le lettere, il libro delle lettere, la biografia e il Silmarillion, che leggo a pezzi, più come se fosse un dizionario, dove si va a leggere i pezzi o i personaggi che t'interessano. Riguardo a quello che mi ha lasciato io penso che sia una maggiore sensibilità nel valutare opere di natura differente, anche fantasy, genere che io prima ignoravo completamente, e questo mi permette di aprire un po' di più la mia prospettiva culturale, mi ha fatto scoprire la ricchezza di opere che magari a priori avrei rifiutato non entrando nel merito del loro valore e degli argomenti che affrontano,

G – Era il 1990, c'erano stati i mondiali di calcio in Italia e ero andato al mare in Abruzzo e mi avevano passato un videogioco, Lord of the Ring, vecchissimo con la grafica quadrellata stile giochi di ruolo però al computer e ci giocavo con mio cugino Mauro. Avevo dodici anni e mi era piaciuto molto il video gioco: per la trama complicata, per i luoghi bellissimi, per quanto fosse tutto immaginato perché di grafico non c'era nulla, e per una musica molto bella quando arrivavano i nazgul o gli elfi, così mi sono detto: bene voglio leggere il romanzo, per cui ho preso l'edizione Rusconi del SdA e me lo sono letto in due settimane mentre andavo a scuola in tram. Subito mi ha preso, da sempre mi piacevano i romanzi fantastici, ma qui ho trovato la pietra di paragone e il libro che mi ha convinto che prima o poi nella vita avrei dovuto scrivere qualcosa. E' la dimensione mitopoietica di Tolkien che mi ha preso di più, anche nel saggio sulle fiabe ne parla, o nel capitolo delle scale di Cirith Ungol quando parlano Sam e Frodo su: siamo tutti parte di una grande narrazione. Era un elemento forte di evangelium e di eucatastrofe e non escludo che fosse uno dei motivi per cui poi, dopo un paio d'anni, sono entrato in seminario. Nella lettura del SdA c'erano molti messaggi che trovavo in comune col vangelo e di cui sono ancora convinto, soprattutto che la disperazione è il più grande dei mali, c'è sempre un motivo per andare avanti. Avevo cominciato anche a cercare voracemente altri romanzi fantasy, ma non mi soddisfacevano per niente. Ho imparato la lingua inglese, che è fondamentale per la mia vita, per il mio studio e il mio lavoro, a causa del SdA, per leggerlo in lingua originale. Mi ha cambiato la vita. Sono entrato in contatto con Franco mandando un articolo intitolato: “Alcune umili considerazioni di un lettore di Tolkien”, a cui mi ha risposto con una lettera chiedendomi quanti anni avessi e io ho risposto 14 o 15. Un'altra esperienza che mi ha molto toccato, è stato vedere come fosse amato anche in Inghilterra quando siamo andati insieme con Lorenzo e con Paolo a Oxonmoot, e la commozione di poter parlare con persone straniere e di ritrovarsi nello stesso mondo, nella stessa koinè culturale. Infine il fatto di avere studiato il Silmarillion e l'SdA mi ha aiutato a studiare le Bibbia. Gli stessi metodi di critica storica, dei livelli, io li avevo già applicati ai libri di Tolkien. Anche se tante altre cose nella mia vita sono cadute: sono uscito dal seminario, non sempre riesco a scrivere, rimangono dei punti fissi imprescindibili per cui sono grato a Ronald, grazie.



E – Nel mio caso era il natale del 1977, avevo undici anni e i miei genitori erano in un periodo teso. Mi venne la paresi facciale durante quelle vacanze e nel gennaio del 1978, a dodici anni appena compiuti, passavo le giornate a casa di mia nonna, perché i miei lavoravano e io non potevo andare a scuola. Dopo aver letto tutto il Dumas che era in casa, edizione Bur scritto piccolissimo, venne a trovarmi un'amica, tutt'e due leggevamo molto e ci confrontavamo su che libri avevamo letto e lei mi parlò entusiasta de “Lo Hobbit”. Mi ricordo ancora le immagini che mi son venute in mente quando me ne parlava al telefono. Morale me lo presta e io lo leggo tutto subito, d'un fiato, e poi non mi basta. Scopro che lei sta leggendo l'SdA e quindi lo prendo subito anch'io, e poi non mi basta. Allora scopro il “Silmarillion” e lì ho avuto un attimo di rallentamento. Nel frattempo io e lei parlavamo di quello che avevamo letto e l'età era quella dei dodici, tredici anni, a lei piaceva Aragorn, a me Gandalf e quindi ne discutevamo, a lei piaceva anche Legolas, ma io non capivo che cosa ci trovasse, a me piaceva solo Gandalf. Lo dico perché queste chiacchiere erano cose importanti per noi e del tutto comuni nella formazione delle ragazzine. Poi credo che lei si sia letta il Silmarillion, io invece ho fatto una pausa. In occasione di una tremenda vacanza con mio padre in cui siamo andati in Grecia in auto, attraversando la ex Jugoslavia, nel viaggio di ritorno ho superato il primo capitolo del Silmarillion, che era quello che mi aveva rallentato, a quel punto avevo 14 anni. Ho anche scoperto l'utilizzo della parola affatto in senso affermativo che mi dava qualche difficoltà nella lettura. Finisco il libro e poi non mi basta e così, come da piccola cercavo nelle librerie le edizioni dei romanzi non ridotte ad uso dei bambini, litigando con i librai che mi volevano rifilare dei libri sottilissimi e io sapevo che avevano molte più pagine, così ho iniziato a rompere le scatole alla libreria Cento Fiori di Milano perché volevo sapere tutto quello che era stato pubblicato di Tolkien e ho letto tutto quello che potevo. Ho provato a leggere altri fantasy, ma non erano la stessa cosa. Poi come influenza diciamo che è stato più un punto di riferimento nei momenti di crisi o di passaggio. L'idea di percorso, di fatica per raggiungere i propri obiettivi mi ha aiutato. Come arredo mentale non saprei cosa mi ha lasciato, quello che posso dire è che quando ho finito di leggere l'SdA avevo due possibilità: o lo relegavo come una storia puramente fantastica oppure no, e io ho deciso che era vera e non m'interessava nemmeno giustificarlo razionalmente, ho semplicemente deciso che quella storia era vera che gli Hobbit erano esistiti, così come gli elfi.

L – Io ho conosciuto Tolkien in collegio per via di un mio compagno di classe, eravamo in due nel collegio a fumare la pipa, e lui si è messo un bel giorno a parlare del SdA. Una sera sono andato a trovarlo nella sua cameretta, avevamo camere singole in quel periodo, e lo trovo tutto intento mentre fumava la pipa e leggeva questo libro, che io non sapevo assolutamente cosa fosse, vedevo solo un mattone enorme aperto, avevo circa 14 anni. Così gli chiedo: ma che libro è o è fantastico mi ha detto lui, c'è Gandalf che è un mago, c'è Sauron, ci sono i cavalieri neri, poi te lo presto. Ovviamente non me lo ha mai prestato. La cosa curiosa è che dopo alcuni mesi, verso la fine di settembre, mi è venuto da ripensare a quel libro, ma io abitavo in provincia e c'era solo una piccola libreria a Cuorgnè e che tenesse un libro del genere manco a pensarci. Ho fatto comunque un saltino, e ne avevano una copia sola e io ho pensato che se non è destino questo. Ho comprato il libro ed è stata una vera e propria folgorazione, ma lo è stato non tanto sul piano della trama è che quel libro mi ha fatto percepire la natura in un modo diverso da come la percepivo prima, è stato come un togliere la velatura agli occhi. Da quel momento è iniziato l'interesse artistico, ho cominciato a realizzare i primi disegni, è una storia che va avanti da quarant'anni.

F- Perciò ti ha proprio ispirato la maniera di vedere la natura. Puoi spiegare meglio?

L – Io sono nato in una zona collinare, alle pendici delle montagne, i miei erano proprietari di prati, di campi e di boschi e fin da piccolo anch'io davo una mano a lavorare in questi terreni. Per me prima di leggere Tolkien l'albero era una cosa bella a vedersi, però era più che altro il legname utile per fare delle assi o da bruciare in inverno per riscaldare l'ambiente. Dopo aver letto Tolkien l'albero mi è apparso per quello che realmente è cioè una creatura vivente. La stessa acqua d'un torrente, che dalle mie parti viene sfruttata per le ruote dei mulini, prendendola in una piccola parte del suo corso, in un luogo isolato e stando solo ad ascoltare, si percepisce che il torrente ha una voce e che anche lui è una creatura vivente, così come lo sono anche le rocce, che sono esseri inanimati. Poi col tempo sono venuto a sapere che anche San Colombano, nella litania della creazione intorno al settimo secolo, aveva scritto: “Ti ringrazio signore in tutte le creature animate ed inanimate che sono mai passate attraverso la morte e la vita”. Quindi anche altre persone nel tempo avevano visto questa essenza di tutte le cose, di tutte queste componenti separate che in realtà costituiscono un'unica componente, un'unica realtà. Una sera, ero piccolo, ho sentito un richiamo di andare in un determinato posto e arrivato lì si è alzato un vento fortissimo e gli alberi hanno iniziato letteralmente a danzare con le fronde perché il vento era impetuosissimo, facendomi rabbrividire al tempo stesso di freddo e di piacere, era una sensazione strana per un bambino di dieci anni. Insomma quello che voglio dire è che mi sono sentito una parte integrante del tutto mentre prima non lo era, prima c'era una barriera tra me e la natura, dopo questa barriera è svanita.

F – Direi che se non ci sono altre cose da dire possiamo concludere la nostra tavola rotonda su l'influenza di Tolkien secondo le nostre esperienze e nelle nostre vite, che per un tratto si sono incontrate, e che è un influenza non da ridere.