La cura e l’armonia

in J.R.R.Tolkien e S. Ildegarda di Bingen







  1. Cura e armonia

Il tema della cura e dell’armonia ripercorre tutto il Legendarium, a partire dall’Ainulindalë per spingersi fino ai Porti Grigi, l’ultimo capitolo de Il Signore degli Anelli. La scelta di legare questi due concetti in un unico orientamento significativo ci porta a riflettere sullo stesso concetto di salute e di benessere. Il punto di partenza della riflessione risiede nella possibilità di accostare gli scritti di S. Ildegarda di Bingen1, che offrono un’interpretazione teologica della natura, “che ha il suo fondamento nel e con il rapporto tra il Creatore e la creatura”2 alla Terra di Mezzo, un mondo pagano/naturale in armonia con la rivelazione3. Così come nella visione della badessa4, anche nell’accezione tolkieniana lo sguardo terapeutico va oltre il ripristino del funzionamento fisiologico dell’organismo mediante farmaci o trattamenti. Grazie a questa prospettiva si può legare il concetto di cura a quello di attività armonica, il cui valore si ritrova sia nella relazione tra corpo e anima, che nella riflessione sull’intima rispondenza tra tutte le cose.



  1. La musica

Il concetto di armonia ci riporta alla mente l’immagine della consonanza di voci o di suoni in accordo tra loro. L’importanza di questo tema emerge con tutta la sua forza nell’Ainulindalë dove, all’inizio di ogni cosa, Ilúvatar propone agli Ainur un tema musicale5 invitandoli a svilupparlo secondo le loro doti e i loro talenti. E’ quindi la Musica la forza creatrice dell’intero universo tolkieniano, in una visione che riprende la “musica delle sfere” della filosofia pitagorica6 per poi trasformarla in maniera creativa. Tolkien introduce un secondo elemento all’interno di questo orientamento teoretico, realizzando un modello cosmologico più complesso in cui la disarmonia assume valore fondativo.7 Sul tema di Ilúvatar, infatti, si abbatte la discordanza di Melkor che, con un’onda di suoni turbolenti, tenta invano col proprio clamore di sovrastarlo, integrandosi alla fine nella struttura del mondo che sta per essere creato.



Ecco la vostra Musica! Questo è il vostro canto; ed ognuno di voi troverà quivi contenute, dentro il disegno che vi espongo, tutte quelle cose che apparentemente egli stesso ha concepito o aggiunto.”



La storia di Arda, sin dal suo primo spazio progettuale, si manifesta così come un macrocosmo in cui l’assecondare o meno un’attività armonica assume un significato nodale per la comprensione di ogni trama narrativa. Il complesso intreccio tra armonia e disarmonia che caratterizza il nucleo immaginativo della Terra di Mezzo, riesce ad avvicinare il Mondo Secondario alle riflessioni più rappresentative e originali della visione ildegardiana. E’ opportuno a questo punto ricordare l’esistenza di notevoli differenze tra il mito narrato nel Silmarillion e quella che Tolkien definisce la “mitologia cristiana8. Si sviluppano linee divergenti nella creazione stessa del mondo, in cui si inserisce attivamente la discordanza di Melkor, come anche nell’unione tra Valar, potenze angeliche, o tra Valar ed Elfi. Ciononostante credo sia possibile accostare la Terra di Mezzo ad alcune tematiche proposte da Ildegarda grazie ad una visione comune presente, a mio avviso, in entrambi gli autori. Un primo strumento di lettura comparata è rintracciabile proprio nella grande rilevanza che conferiscono alla musica e al rapporto tra armonia e discordanza. Dalla riflessione su questo nodo problematico emergono, infatti, alcune convergenze che trascendono il piano stilistico. Nella descrizione della melodia sviluppata dagli Ainur9 possiamo sentire riecheggiare l’armonia celeste che Ildegarda ritrova nei canti e nelle lodi di Adamo prima della Caduta10. Nella narrazione della discordanza introdotta da Melkor,11 invece, si possono rintracciare alcune assonanze con le considerazioni presenti nella lettera12 della badessa ai prelati della diocesi di Magonza.13 L’utilizzo di questi concetti permette di aprire un discorso comune sull’armonia del mondo, per quanto diversi siano gli strumenti e i metodi conoscitivi impiegati. Sia in Tolkien che in Ildegarda il valore della musica viene definito dal rapporto tra melodia e armonia spirituale, una concezione che contrassegna in maniera duratura i diversi percorsi immaginativi. Nel mondo subcreato l’antagonista, nel tentativo di ribellarsi alla forza espressiva del tema musicale proposto da Ilúvatar, perde l’armonia trasformando il proprio motivo in fragoroso clamore che “tentava di sovrastare l’altra musica con la violenza della propria voce.” Lo stesso atteggiamento in qualche misura traspare anche nell’avversario in Ordo Virtutum14 di Ildegarda. In questo dramma, in cui un’Anima contro l’assalto del Diavolo trova conforto nelle Virtù,15 la figura dell’antagonista è, infatti, la sola mancante di musicalità.16



  1. Luce e parola

Accanto al ruolo centrale del confronto tra due temi, uno armonico e l’altro discordante, sia negli scritti tolkieniani che nel corpus ildegardiano emerge un altro aspetto importante, un’immagine di fondo che lega insieme luce e parola. Questi due termini si ritrovano sia nell’approccio conoscitivo della realtà di Ildegarda, considerato di origine divina,17 così come nel mondo inventato da Tolkien.18 L’aspetto uditivo della visione, inoltre, si caratterizza attraverso strumenti diversi differenziando la comprensione angelica, che si attua attraverso la musica, da quella umana, che deve venire tradotta in parole per risultare comprensibile. In questo modo entrambi introducono una riflessione originale sul rapporto tra musica, luce e parola che conferisce al concetto di armonia un significato più ampio.



  1. Spirito e corpo

In questo complesso intreccio, che nelle composizioni musicali ildegardiane si esprime attraverso un rapporto di indissolubilità,19 si inserisce l’idea del legame armonico tra anima e corpo,20 un tema che persiste anche nella concezione tolkieniana.21 La valorizzazione dell’unità psicosomatica fornisce la struttura fondamentale per la concettualizzazione di un’idea in cui la dualità dell'essere umano comporta un cammino verso la totalità riconciliata22 in cui la dimensione corporea risulta altrettanto fondamentale di quella spirituale. Ecco perché l’equilibrio armonico si propone come nodo centrale della filosofia di Ildegarda.



Impara ad avere misura, che in cielo ed in terra è madre di ogni cosa, poiché tramite suo l’anima riceve una guida ed il corpo è nutrito con giusto equilibrio.”



Possiamo dire che in questa affermazione sia racchiusa la “linea programmatica” dell’insegnamento ildegardiano in cui la cura dell’uomo è finalizzata al benessere fisico e spirituale attraverso il ristabilimento dell’armonia.23 Questa traccia importante offre alcuni spazi di riflessione anche su tematiche presenti nel Legendarium: l’interazione armonica fra corpo, anima e mondo fisico viene infatti utilizzata da entrambi come strumento per definire il rapporto salute/malattia. Il tema dell’indissolubile legame tra fëa24 e hröa25, tra anima e corpo, al centro dell’attenzione di Tolkien26 e Ildegarda27, ci permette quindi di legare il recupero della salute alla ricerca e alla ricomposizione dell’armonia tra questi due aspetti28.



  1. La cura dello spirito

L’armonia è quindi il principio fondamentale su cui basare il concetto di salute, definita nel suo significato più ampio come benessere fisico e spirituale. Se il rapporto tra spirito e corpo è indissolubile, ci si deve chiedere fino a che punto il male dello spirito possa influire sulla prestanza fisica.29 Una prima riflessione ci porta alla mente l’immagine di Theoden, il “vecchio barcollante” che siede sul trono a Edoras. L’arrivo di Gandalf lo risveglierà dal buio in cui i consigli di Grima Vermilinguo lo avevano confinato30, rinvigorendo la sua anima.31 Tolkien, narrando la trasformazione del re del Palazzo d’oro, non pensa al ringiovanimento del corpo, che rimarrà comunque stretto nelle caratteristiche della vecchiaia, ma sottolinea la necessità di usare il balsamo spirituale della speranza per ristabilire l’equilibrio perduto.32 L’abilità del sanare si manifesta quindi nella ricomposizione dell’armonia tra corpo e anima in un equilibrio autonomo in cui non può esservi alcuna imposizione sugli altri.33 Con l’evidenza di un dialogo molto semplice Tolkien mostra poi il proprio distacco dall’idea che si possano utilizzare pratiche magiche in attività di cura.



Venerato signore”, disse Vermilinguo, “E’ avvenuto quel che temevo. Questo stregone ha gettato su di te qualche incantesimo.” (…) Se questo è un incantesimo” ribatté Theoden, “ mi sembra più salubre di tutti i tuoi consigli. Fra non molto le tue stregonerie mi avrebbero costretto a camminare a quattro zampe come una bestia”



Anche Ildegarda si contrappone esplicitamente all’idea di magia come strumento di dominio in un cosmo vibrante di forze34 e ribadisce più volte che la relazione vitale fra anima e corpo35 non può avvalersi di erbe o pratiche magiche36.



  1. Cura o sollievo dai sintomi?

L’esigenza ildegardiana di definire la salute in quanto equilibrio, va ben oltre le “ingannevolezze” della semplice cura dei sintomi. All’interno dell’opera di Tolkien possiamo ritrovare la stessa riflessione in alcuni interessanti passaggi narrativi. A partire, ad esempio, dagli incontri di Merry e Pipino e dalla descrizione di due trattamenti curativi, la cui diversa efficacia ci permette di riconoscere il significato di salute nel Legendarium. La prima traccia importante emerge nel momento in cui i due Hobbit, mentre sono prigionieri degli Uruk-hai, affrontano una marcia estenuante verso Isengard. Durante il viaggio Uglùk provvede alle loro precarie condizioni di salute curandoli “secondo i metodi degli Orchi”.37



«Uglùk gli mise fra i denti una borraccia e gli versò un liquido bruciante in gola: Pipino sentì un flusso caldo e feroce attraversargli il corpo. Il dolore alle gambe e alle caviglie scomparve, e riuscì a tenersi in piedi.»



Sebbene il sollievo dai sintomi sia immediato, l’efficacia della medicina è di breve durata38 e deve quindi essere continuamente somministrata.39 Questo perché i metodi degli Orchi si avvalgono di un concetto di cura che si ferma al funzionamento fisiologico del corpo legandolo al raggiungimento di un obiettivo specifico. La malattia viene letta come un ostacolo nell’esecuzione di una prestazione in uno scenario in cui l’attenzione alle condizioni emotive non trova spazio.40



  1. Cura come armonia

E’ interessante notare come in una visione armonica della salute tutto questo cambi radicalmente, trasformando lo stesso rapporto tra cura e malattia. Questa prospettiva appare ben definita nell’incontro con Barbalbero. Dopo essere sfuggiti agli Uruk-hai Merry e Pipino arrivano a Fangorn. Durante la permanenza nella foresta gli Hobbit bevono l’acqua degli Ent.



«Sembrava acqua, anzi acqua dal sapore molto simile a quello dei flutti dell’Entalluvio, che avevano ristorato la loro sete vicino ai margini del bosco; eppure in questa vi era qualche ineffabile fragranza o sapore, che ricordava loro il profumo di una foresta lontana trasportato da lungi sulle ali di una fresca brezza notturna.
L’effetto dell’elisir incominciò a manifestarsi nelle punte dei piedi, quindi invase man mano ogni parte del corpo, portando seco nell’ascesa freschezza e vigore sino alla cima dei capelli. Gli Hobbit sentirono anzi sulle loro teste i capelli rizzarsi effettivamente, ondeggiare, risplendere e crescere.»



L’effetto tonificante dell’elisir di Barbalbero non ha breve durata come la pozione degli Orchi, ma modifica in modo permanente la statura degli Hobbit.41 La contrapposizione dei metodi adottati dagli Orchi e dagli Ent non si ferma al solo risultato finale. C’e’ un’idea di fondo, che compare sia nella Creazione ildegardiana tanto quanto nel mondo secondario di Tolkien: anche in assenza di una malattia conclamata vi può essere cura, intesa come rinvigorimento del corpo e dello spirito.



  1. Il mondo naturale

L’athelas42 costituisce l’esempio più interessante di come il mondo naturale possa essere recepito in due modi completamente diversi: come tramite nella relazione fra corpo e spirito oppure come semplice rimedio legato ad una malattia. La foglia di re è una pianta immaginaria della Terra di Mezzo la cui creazione dimostra l’amore di Tolkien per la botanica.43 La incontriamo una prima volta quando Aragorn la usa per curare la ferita di Frodo.



Gettò le foglie in acqua bollente e ne fece impacchi che applicò sulla spalla di Frodo. La fragranza del vapore era rinfrescante, e coloro che non erano feriti si sentirono come inondati di calma e di pace”



La competenza erboristica di Grampasso44 descrive l’athelas come pianta medicinale, anche se i suoi effetti la svincolano dal limitato ruolo di rimedio specifico legato ad un disturbo fisiologico.45 In questo modo Tolkien ci mostra con chiarezza l’interazione tra corpo e spirito utilizzando uno sguardo terapeutico molto vicino a quello della medicina olistica. Quando ritroviamo l’athelas nelle Case di Guarigione, luogo di sapienza qualificato nella cura delle malattie,46 la percezione del suo utilizzo è completamente diversa. Qui Aragorn, in cerca di alcune foglie della pianta, incontra l’esperto in erbe.



«La vostra signoria ha chiesto della foglia di re, poiché tale è il nome che gli incolti danno a questa pianta», disse; «nella lingua nobile viene chiamata athelas, e coloro che comprendono qualche parola di Valinoreano...». «Io lo parlo», disse Aragorn, «e non m’importa che tu la chiami asëa aranion o foglia di re, purché tu ne abbia». (…) «Ma purtroppo, sire, non teniamo questa cosa nelle Case di Guarigione, dove curiamo esclusivamente i malati o feriti gravi.(…) Perché essa infatti non possiede alcuna virtù a noi nota, se non forse di addolcire un’aria malsana, o di allontanare una pesantezza passeggera»



L’idea della connessione necessaria fra pianta e virtù implica un interesse sistematico nei confronti della materia botanica che è propria degli erbari medici47. In questo caso la pianta viene interpretata solo in base alla sua validità nel ripristinare la salute del corpo fisico senza coglierne il significato più profondo. La figura dell’esperto in erbe richiama perciò un’idea di scienza che si perde in dettagli minuziosi e in inutili dissertazioni, dimenticando l’idea della totalità e della compenetrazione esistente nella natura. Nella costante ricerca dell’armonia48 è possibile utilizzare il sapere naturalistico49 per compiere il primo passo del cammino che dal benessere fisico porta a quello spirituale, ma questa, come vedremo, resta solo una delle possibili strade.



  1. L’armonia con il mondo naturale

Così come l’intero corpus ildegardiano può essere letto in quanto espressione di un pensiero teologico di grande respiro50, in cui la comunione e lo scambio reciproco di tutta la Creazione51 ci riporta all’idea che ci si possa legare armonicamente al mondo naturale,52 così anche l’universo letterario di Tolkien si apre alla stessa prospettiva grazie alla relazione, più o meno profonda, che i popoli che lo abitano hanno con il mondo creato. La Terra di Mezzo, in fondo, è essa stessa un personaggio della narrazione tolkieniana53 e il legame con le diverse razze riveste una particolare importanza nel tema della cura e dell’armonia. Si può dire che ogni Popolo Libero viva più o meno in armonia con la Terra di mezzo54, amandola in modo diverso, preferendo alcune creature ad altre. I Nani sono quelli che, sin dalla loro creazione, sembrano meno connessi ad Arda, eppure le parole con cui Yavanna li descrive non rende loro veramente giustizia.



«i tuoi figli nutriranno scarso affetto per le cose del mio amore. Ameranno soprattutto le cose prodotte dalle loro mani, come del resto fa il loro padre. Scaveranno la terra, noncuranti delle cose che crescono e vivono sopra la terra. Molti gli alberi che proveranno il morso spietato del loro ferro



Il rischio implicito in una formulazione di questo tipo risiede nella possibilità di una lettura gerarchica del mondo naturale, legata unicamente alla flora e alla fauna. Una delle più ampie e accorate descrizioni fatte da Gimli in occasione della sua visita alle caverne di Aglarond55 ci permette invece di arricchire il significato di amore e condivisione con la natura legandolo, come Ildegarda, ad ogni componente del creato.56 Il rapporto che lega gli Hobbit alla Terra di Mezzo sembra invece sin da subito più armonico, quasi elfico, nel loro saper fondersi con il mondo che li circonda.57 Questo ci permette di comprendere l’entusiasmo che coglie Sam e Frodo quando arrivano nell’Ithilien.



«Il cuore degli hobbit si rinfrancò malgrado la stanchezza: l’aria era fresca e fragrante, e rammentava loro gli altipiani del lontano Decumano Nord. Erano felici che l’ora fatidica fosse stata rinviata, felici di attraversare una terra che solo da pochi anni soggiaceva all’Oscuro Signore e non era del tutto caduta in rovina



Nella Contea l’identità culturale degli Hobbit si esprime attraverso una gestione del territorio che vede l’ambiente naturale come partner di un’interazione possibile e non oggetto di manipolazione e sfruttamento.58 Tra le razze del Mondo Secondario gli Elfi sono comunque quelli che vivono in maniera più profonda il rapporto armonico con il mondo naturale.59 E’ interessante notare come la caratterizzazione di questo popolo60 non sia legata solo ad una superiore resistenza fisica agli agenti naturali, ma anche ad un’altra invidiabile caratteristica: non sono soggetti a malattie.61 La prestanza dimostrata a livello fisico ha un corrispettivo a livello spirituale, ed è proprio il rapporto armonico tra il fëa e il hröa che garantisce loro una maggiore capacità di ripresa anche in caso di ferite.62 Ciò spiega anche l’abilità nel sanare di Glorfindel che, senza alcun utilizzo di erbe o di magia63, ma grazie alla maggior armonia che esperisce,64 tenta una cura su Frodo alleviando il suo dolore.



«Ahimè non è in mio potere curare le ferite di quest’arma! Tutto ciò che potrò fare lo farò. Le sue dita cercarono la ferita sulla spalla di Frodo, e l’espressione sul suo viso si fece più grave, segno di una nuova inquietudine. Frodo invece , sentì sciogliersi il freddo al fianco e al braccio, e penetrare un po’ di calore dalla spalla fin giù alla mano, e le sofferenze attenuarsi. Le tenebre intorno a lui parvero diradarsi, come se una nuvola fosse stata squarciata, potè distinguere con maggior nettezza i visi dei sui compagni, e nuovo vigore e nuovo coraggio gli affluirono al cuore.»



Come troviamo in Ildegarda l’invito ad indagare il mondo della natura per individuarne le tracce dell’attività creatrice di Dio, così scopriamo in Tolkien l’idea che la contemplazione della Natura rappresenti solo un modo particolare per legare in un rapporto complesso Dio, l’uomo e il mondo.65 La ricerca di orientamenti significativi attraverso cui entrambi cercano di legare l’uomo al mondo naturale ci rimanda ad una visione della medicina in cui lo sguardo olistico, l’attenzione alle condizioni emotive e alla relazione con l’ambiente appaiono fondamentali in un processo di cura e guarigione, un tema che si mostra pienamente nei passaggi narrativi legati all’Ombra Nera.



  1. Le guarigioni

Le Case di Guarigione sono un luogo di cura in cui prestare soccorso ai feriti e ai malati durante l’assedio di Minas Tirith. Qui vengono portati Eowyn, Faramir e Merry sofferenti per una nuova malattia su cui la scienza di Gondor non ha potere.



Ma ora la loro arte e la loro scienza erano confuse e perplesse: vi erano infatti molti che soffrivano di un male insanabile, ed essi lo chiamavano l’Ombra Nera, perché proveniva dai Nazgûl. E coloro che ne erano colpiti piombavano lentamente in un delirio sempre più profondo per poi passare al silenzio, a un freddo micidiale, e infine alla morte.»



Gandalf, mentre si trova al capezzale di Faramir, manda a chiamare Aragorn spinto dalle parole di Ioreth, una donna anziana che serviva nella casa.66 Al suo arrivo Faramir è ormai in fin di vita, anche se la ferita causata dalla freccia sta ormai guarendo. Quando Imrahil gli chiede quale sia la sua opinione Aragorn risponde:



«Stanchezza, dolore per lo stato d’animo del padre, una ferita, e soprattutto l’Alito Nero», disse Aragorn. «È uomo di forte volontà, perché già si era trovato molto vicino all’Ombra prima ancora di partire per la guerra. L’oscurità dev’essere lentamente penetrata in lui, mentre combatteva, lottando per salvare il suo avamposto.”



Nella diagnosi della malattia la centralità dell’interazione disarmonica corpo/spirito/mondo emerge con forza. Le condizioni del corpo (stanchezza, una ferita), della psiche (dolore per lo stato d’animo del padre) e dell’ambiente di vita (la vicinanza all’Ombra protratta nel tempo) diventano una concausa della malattia mortale generata dall’Alito Nero. La guarigione consiste nel ripristino dell’armonia attraverso un procedimento in cui il tocco del re67 e le foglie dell’athelas68 sono condizioni necessarie ma non sufficienti. La concezione della cura, intesa nell’accezione ildegardiana, riemerge in una prospettiva diversa anche durante il risanamento di Eowyn. Anche qui la diagnosi è completamente centrata sul rapporto corpo/spirito/mondo.



Qui vi sono una brutta frattura e una forte contusione. Il braccio rotto è stato curato con molta abilità e si aggiusterà col tempo, se ella avrà la forza di sopravvivere. Questo per quanto concerne il braccio che sorreggeva lo scudo; ma il male peggiore viene dal braccio che brandiva la spada. (…) Quando la vidi per la prima volta e scoprii la sua infelicità, mi parve di vedere un fiore bianco ergersi fiero e dritto (…) O forse una gelata aveva trasformato in ghiaccio la sua linfa, ed ella era ormai così, dolce e amara nello stesso tempo, ancor bella a vedersi, ma già destinata a cadere e morire? La sua malattia risale a tempi lontani, non è così, Eomer?”



Per guarire la Dama di Rohan ripristinando l’armonia tra il corpo (braccio spezzato), la psiche (l’infelicità) e il rapporto con il mondo (una vita intenta al dovere e al sacrificio) è necessaria una medicina che lo stesso Aragorn forse non possiede, pur essendo un re sapiente in grado di utilizzare l’athelas.



Ho forse il potere di sanare il suo corpo, e di condurla via dall’oscura valle. Ma ciò che seguirà il risveglio, speranza, oblio, disperazione, non posso dire. E se sarà disperazione allora ella morrà, a meno che non sopraggiunga un’altra medicina ch’io non posseggo.”



Quanto esaminato fin qui della complessa riflessione che Tolkien e Ildegarda dedicano al rapporto tra l’uomo e il mondo naturale ci permette quindi di ipotizzare una serie di correlazioni: il sapere naturalistico può aiutare nella guarigione del corpo, ma lo sguardo terapeutico deve spingersi oltre il ripristino del funzionamento fisiologico mediante farmaci o trattamenti, poiché la cura è soprattutto un’attività armonica legata alla ricerca dell’equilibrio tra corpo, spirito e mondo. Con questa chiave di lettura non si vuol sottovalutare l’autonomia o il contesto storico reale di Tolkien e Ildegarda, ma offrire uno spunto di riflessione. Cogliere, tra i tanti percorsi possibili, la sintonia nella descrizione di alcuni tratti essenziali all’interno del pensiero dei due autori, può assumere un carattere di attualità nel momento in cui prestiamo attenzione a cosa viene valorizzato nelle loro opere e lo mettiamo in relazione a determinate criticità della società contemporanea.




Opere citate

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1 Ildegarda di Bingen (1098-1179) monaca benedettina, badessa, autrice di libri profetici e naturalistici, filosofa e compositrice. Nel maggio 2012 viene proclamata dottore della Chiesa e, successivamente, santa. ”Nel suo campo il suo lavoro è unico. Nel Medioevo solo Avicenna le è in qualche modo paragonabile: cosmologia, etica, medicina e poesia mistica sono tra i campi conquistati sia dal maestro persiano dell’undicesimo secolo sia dalla Sibilla renana del dodicesimo.” P. Dronke, Donne e cultura nel Medioevo. Scrittrici medievali dal II al XIV secolo, Il Saggiatore, Milano, 1986, p. 195


2 Angela Carlevaris, la concezione ildegardiana nella armonia della persona, 12 11 2001


3 A questo proposito si veda Claudio Antonio Testi, Santi pagani nella Terra di Mezzo di Tolkien, Bologna, Studio Domenicano, 2014


4 “Le visioni sono considerate di origine divina e portatrici di un senso allegorico e morale, oltre che di una conoscenza della realtà creata che ha molte affinità col discorso naturalistico e medico delle scuole; di fatto esse costituiscono il nucleo immaginativo di una riflessione nutrita dei materiali della cultura monastica” M. Pereira, La filosofia nel Medioevo, Carocci editore, Roma, 2016, p. 143


5 “Tale tema, nella descrizione di Tolkien sembra svolgere il ruolo che, nell’organum melismaticus medievale, era attribuito al cantus firmus. I cantus firmus erano melodie di origine liturgica (“gregoriana”), che venivano cantate in valori lunghi dal tenor, mentre una o più voci li adornavano con melismi (vocalizzi) più veloci ed elaborati ma, nel contempo, inscindibilmente legati e ontologicamente determinati dal cantus firmus stesso.” C. Bertoglio, Dante e Tolkien: la musica nella commedia e nel Silmarillion, in AAVV, Tolkien e i classici, volume II, Eterea Edizioni, Roma, 2018, p 63-64


6 “il concetto di suono, nello specifico di musica, come forza che dà ordine all’universo. La sua origine è riconducibile alla filosofia pitagorica, secondo la quale i cieli, e soprattutto il sistema solare, formano una scala musicale i cui rapporti proporzionali creano l’armonia celeste. Il concetto della “musica delle sfere (si pensava, infatti, che ogni pianeta dipendesse dalla propria sfera cristallina che risuonava in vibrazione armonica con le altre), popolare in tutto il Medioevo, si conservò, sotto forma di metafora, almeno fino alla fine del XVIII secolo” V. Flieger, Schegge di luce, Marietti 1820, 2007, p. 97-98


7 “Come la discordanza di Melkor diventa parte attiva della Musica, così la ribellione influisce direttamente sulla forma e sull’essenza del mondo che sta per essere creato. E’ importante notare che la Musica non è l’atto fisico della creazione, ma solamente il suo progetto: è lo schema del mondo in potentia” V. Flieger, Schegge di luce, Marietti 1820, 2007, p. 99


8 “Suppongo che una differenza tra questo mito e quella che forse si potrebbe chiamare mitologia cristiana sia questa. Nella seconda la Caduta dell’Uomo è successiva e conseguente (anche se non ne è una conseguenza necessaria) alla “Caduta degli Angeli”: una ribellione di libere volontà create a un livello più elevato dell’Uomo; tuttavia non viene detto chiaramente (e in molte versioni non viene proprio detto) che questo abbia influito sulla natura del “Mondo”: in esso il male fu portato dall’esterno, da Satana. In questo Mito la ribellione delle libere volontà create precede la creazione del Mondo (Ea); ed Ea ha in sè, introdotti sub-creativamente, il male le ribellioni, elementi discordanti della sua stessa natura già da quando Che sia fu pronunciato.” J.R.R.Tolkien, Lettere 1914/1973, Bompiani 2018, Lettera 212


9 «Allora la voce degli Ainur, quasi con arpe e liuti, e flauti e trombe, e viole e organi, quasi con innumerevoli cori che cantassero con parole, prese a plasmare il tema di Ilúvatar in una grande musica; e si levò un suono di melodie infinitamente avvicendantisi, conteste in armonia, che trascendevano l’udibile in profondità e altezza» J.R.R.Tolkien, Il Silmarillion, Bompiani p. 11


10 “Adamo (…) nella cui voce prima di peccare c’era il suono di ogni armonia e la dolcezza dell’arte musicale tutta” M. Pereira, Ildegarda di Bingen, Il segno dei Gabrielli editori, Verona, 2017, p 141


11«E attorno a lui subito fu discordanza, e molti che vicino a lui cantavano si scoraggiarono, e il loro pensiero fu deviato, la loro musica si fece incerta; altri però presero a intonare la propria a quella di Melkor, anziché al pensiero che avevano avuto all’inizio. Allora la dissonanza di Melkor si diffuse vieppiù, e le melodie che prima s’erano udite naufragarono in un mare di suoni turbolenti.» J.R.R.Tolkien, Il Silmarillion, Bompiani p.12


12 “Ma quando il suo ingannatore, il diavolo, sentì che l’uomo aveva incominciato a cantare per ispirazione di Dio (…) con diverse trovate della sua malvagità si dette da fare ininterrottamente per escogitare e scoprire il modo di disturbare la proclamazione, la bellezza, la dolcezza della lode divina e degli inni spirituali, e strapparla dai cuori umani con suggerimenti malvagi, pensieri viziosi e azioni dispersive” M. Pereira, Ildegarda di Bingen, Il segno dei Gabrielli editori, Verona, 2017, p. 141


13“Molti nobili sostenevano economicamente la sua fondazione, nel cui sacro recinto chiedevano di essere seppelliti; uno di essi, di cui non conosciamo il nome, morto nel 1178 ricevette la sepoltura a St. Rupertsberg. Ma, essendo stato in precedenza scomunicato, non poteva, per le leggi ecclesiastiche, essere seppellito in un luogo consacrato; pertanto i prelati di Magonza ordinarono a Ildegarda di disseppellirlo e di portarlo altrove. Essa rifiutò di obbedire e, dopo aver tracciato col suo bastone il segno della croce sulla tomba, ne eliminò ogni vestigio che potesse farla riconoscere fra le altre, affermando che la «luce vivente» le aveva detto che obbedire ai prelati, violando la sepoltura, avrebbe significato disobbedire a Dio. Cadde pertanto sotto l’interdetto ecclesiastico, che oltre al divieto di celebrare i sacramenti comportava la proibizione di cantare gli inni liturgici. Nella lettera con cui difende sé e la propria comunità, Ildegarda appassionatamente espone la propria concezione della musica, di cui esprime il carattere simbolico in senso forte, affermando che la musica permette di riunire (syn-ballein) corpo e anima, reintroducendo l’armonia originaria.” Bruno Cagnoli, Misticismo, poesia e musica in Hildegard von Bingen (1098-1179), Atti Acc. Rov. Agiati, a. 258 (2008), ser. VIII, vol. VIII, A, fasc. II, p. 17


14 Ordo virtutum è un dramma liturgico scritto e musicato da Ildegarda di Bingen entro il 1151, con una struttura musicale fortemente legata al gregoriano e che rappresenta la lotta per l’anima umana fra il diavolo e le virtù. La sua prima rappresentazione si pensa sia avvenuta il 1 maggio 1152 per la consacrazione del convento di Rupertsberg, così come ipotizzato da Peter Dronke. “I suggested, in 1986, (…) that the major festive event for her and her community which took place soon after 1151, the solemn consecration of her Rupertsberg convent on I may 1152, would also have been the perfect occasion for the presentation of the Ordo.” P. Dronke, Nine medieval latin plays, University of Cambridge, 1994


15Le Virtù cantano, mentre il Diavolo grida soltanto, non conosce la musica, perché per lui l’armonia non esiste.” Angela Carlevaris, la concezione ildegardiana nella armonia della persona, 12.11.201, p.9


16As can be seen in the Ordo Virtutum, Diabolus is the personification of discord and can only vociferate since he lost his original voice when he rejected his angelic condition. Substantially different to the voice of Diabolus is the voice of the virtues, and also that of God, the angels and the human beings, which maintain a sort of resonance among each other.” Georgina Rabassó, Rediscovering the Secrets of Voice: Hildegard of Bingen, Mediaevalia. Textos e estudos, (32) 2013, p. 63


17La luminosità che vedo non è racchiusa in un luogo, ma ha uno splendore maggiore di quello della nube che passa davanti al sole; non so distinguere in essa altezza, lunghezza e larghezza; ed essa ha per me nome «ombra della luminosità vivente». E come il sole, la luna e le stelle appaiono riflessi nell’acqua, così le scritture, i discorsi, le virtù e le opere degli uomini risplendono per me in quell’apparizione. Le cose che scrivo delle visioni le ho viste e udite; non aggiungo altre parole oltre a quelle che sento e che riferisco, in un latino imperfetto, come le ho sentite nella visione; poiché nelle mie visioni non mi si insegna a scrivere come scrivono i filosofi, e le parole udite nella visione non sono come quelle che risuonano sulla bocca degli uomini, ma come fiamma che abbaglia o come una nube che si muove nella sfera dell’aria più pura. M. Cristiani e M. Pereira, Ildegarda di Bingen. Il Libro delle Opere Divine, Milano, Mondadori, 2003., pp. CLX-CLXII


18Nel mondo inventato da Tolkien, i principi creativi della genesi e di Giovanni si uniscono: la luce e la musica sono elementi congiunti resi manifesti nel mondo visibile prodotti dalla Musica degli Ainur. La parola Eä, che in elfico significa “E’” o “Sia”, è elencata nell’indice del Silmarillion come la parola pronunciata da Ilúvatar quando il Mondo cominciò ad esistere. Diventa così una forma imperativa della Grande Musica, la visione in quanto luce e logos.” V. Flieger, Schegge di luce, Marietti 1820, 2007, p. 99


19Ma non dobbiamo dimenticare che la Symphonia nasce ed è conosciuta, nonché apprezzata dai contemporanei di Ildegarda, come inscindibile unità di parole e musica, di poesia e melodia, di voce e suono” M. Tabaglio, Ad caelestem harmonium. Poesia e Musica in Ildegarda di Bingen, Verona, Fiorini, 1998, p. 131.


20 “Singing does not therefore recreate the nostalgic memory of Eden, but involves a renouatio, better understood as a programme or a rule rather than as a modus uiuendi. It involves what we have come to call symphonic praxis, through which human beings are capable of generating «harmonic music» which sets out from the soul itself, regarded as symphonic by Hildegard (symphonialis est anima) 41. But the music is not only interpreted with the soul, it also involves the body.” Georgina Rabassó, Rediscovering the Secrets of Voice: Hildegard of Bingen, Mediaevalia. Textos e estudos, (32) 2013, p. 64


21Hröa and fëa he would say are wholly distinct in kind, and not on the “same plane of derivation from Eru” (…) but were designed each for the other, to abide in perpetual harmonyJ.R.R.Tolkien, Morgoth’s Ring, Harpers Collins 2015, p. 330


22Finrod, proprio basandosi sul punto di vista di Andreth, intuirà una prospettiva molto più vasta di quella che entrambi avevano all’inizio del dialogo: se infatti la separazione fra fëa e hröa non è naturale, ma ora avviene, vuol, dire che in futuro saranno destinati a riunirsi in un mondo risanato dal male.” La verità in Sulle fiabe tra analogia e polifonia, C. Testi in All’ombra del Signore degli Anelli, Delmiglio Editore, Verona, 2016, p. 142


23 “La cura dei corpi può essere letta come traduzione, nella prosa della vita quotidiana, di quella prospettiva teologica di reintegrazione dell’armonia originaria dell’essere umano che Ildegarda vede esprimersi appieno, e soprattutto prodursi nella musica; sicuramente, infatti, la musica e in particolare il canto è al via regia per ritrovare l’unità armoniosa di anima e corpo che caratterizza la creatura umana come imago DeiM. Pereira, Ildegarda di Bingen. Maestra di sapienza nel suo tempo e oggi, Il Segno dei Gabrielli editori, Verona, 2017, p. 132


24 fëa, plurale fëar “anima, spirito interiore di un essere incarnato” Carl F. Hostetter , glossario delle forme elfiche incontrate nell’Osanwe-Kenta, in J.R.R.Tolkien, La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi, Marietti 1820, Genova, 2016, p.24


25 hröa, plurale hröar, “corpo (di un essere incarnato)” Carl F. Hostetter , glossario delle forme elfiche incontrate nell’Osanwe-Kenta, in J.R.R.Tolkien, La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi, Marietti 1820, Genova, 2016, p.24


26 «Quando il fëa è forte e non indebolito dall’Ombra così da essere sviato dal suo bene, esso sostiene la vita corporea (come un padrone può sostenere e soccorrere un servo), così che essa pure sia forte per completare sé stessa, resistere ad attacchi esterni e far scomparire ogni ferita inferta alla sua corporeità» J.R.R.Tolkien, La reincarnazione degli elfi e altri scritti, Marietti, p. 33


27 «Il verdeggiare della santità produce la scienza dell’anima e la rinvigorisce, in modo che grazie a questo verdeggiante vigore tutto l’uomo sia rafforzato contro ogni avversità, (…) così le energie dell’anima aiutano tutte le parti interne dell’uomo nell’adempimento delle proprie funzioni, (…) e quando l’anima si accorge che il corpo è in difficoltà, scende verso di esso, perché non venga meno» Ildegarda di Bingen, Il libro delle opere divine, Mondadori, p. 405-407


28 “Just as the body and land may experience wounding and require physical healing, the human spirit and interpersonal relationships may also suffer wounds, which require healing through different means. To heal these tangible and intangible wounds requires a restoration of harmony.” L . Calco, The hands of healer, J.R.R.Tolkien understanding of kingship


29Tolkien’s conception of both Men and Elves being fëa and hrondo/hröa (comparable, but not identical with soul and body) is obviously a dualistic one with both “parts” having the possibility to influence each other” Thomas Fornet-Ponse,“Strange and free” —On Some Aspects of the Nature of Elves and Men in Tolkien Studies, vol.VI


30 “Cupi sono stati di recente i miei sogni” disse, “e mi sento come svegliato da poco. (…) guardando Gandalf sorrise, e molte rughe di dispiaceri e preoccupazioni gli scomparvero dal viso per non tornarvi mai più.” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 568


31A mano a mano che andava avanti, la luce negli occhi di Theoden divenne più intensa, finchè il re si levò in tutta la sua statura” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 569 Anche in Ildegarda c’è una fondamentale correlazione tra anima e sguardo. “Invero, l’anima appare potente negli occhi di un uomo, se i suoi occhi sono puri e trasparenti, perché l’anima risiede con potenza nel corpo, per compiervi innumerevoli opere. Gli occhi dell’uomo sono infatti, le finestre dell’anima.” Ildegarda di Bingen, Cause e Cure delle infermità, Sellerio, Palermo, 2015, p. 311


32No”, disse Gandalf. “E gli anni non pesano sulle tue spalle come alcuni vorrebbero. Getta via il bastone!” Dalla mano del Re il nero bordone cadde rumorosamente sulle pietre. Egli si rizzò, pian piano, come un uomo rigido dal lungo curvarsi su qualche triste e duro lavoro. Infine si eresse alto e dritto, e i suoi occhi blu guardarono il cielo che si apriva.J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 569


33 “No, Gandalf” rispose il re. “Tu non conosci del tutto la tua abilità nel sanare. Non farò come tu dici. Io stesso partirò in guerra, e cadrò in battaglia, se così dovrà essere. Potrò così finalmente dormire meglio.” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 571


34Ildegarda utilizza lo stesso archetipo del cerchio, ma in senso opposto, paragonando la magia a una circonferenza senza centro, poiché si rivolge alla creazione ignorandone il centro che è Dio” M. Pereira, Ildegarda di Bingen, Maestra di sapienza nel suo tempo e oggi, Il segno dei Gabrielli editori, Verona, 2017, p. 43


35Come il corpo protegge e contiene l’anima perché non si dissolva. E come il soffio dell’anima tiene insieme il corpo perché non muoia” Ildegarda di Bingen, Il libro delle opere divine, Mondadori p. 139


36 “Le erbe lambite e irrigate dalle acque occidentali nelle regioni d’Occidente (…) sono utili per l’arte magica e per altre ingannevolezze, ma non arrecano buona salute al corpo dell’uomo” Ildegarda di Bingen, Cause e Cure delle infermità, Sellerio, Palermo, 2015, p. 75


37 “Uglùk lo mise a sedere e gli strappò la benda dal capo. Quindi spalmò sulla ferita della roba scura che teneva in una piccola scatola di legno. Merry lanciò un urlo e si dimenò selvaggiamente. Gli Orchi applaudirono e risero: ”Non è capace di prendere la sua medicina”, sghignazzarono. “Non capisce nemmeno quando una cosa gli fa bene” (…) il suo trattamento ebbe dei rapidi effetti. Quando a viva forza un sorso di liquido fu fatto penetrare nella gola dello Hobbit, e questi fu liberato dai lacci alle gambe e trascinato in piedi, Merry rimase diritto, pallido ma feroce e provocante e pieno di vita.” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 497


38 «Il calore della pozione dell’Orco era scomparso. Pipino aveva di nuovo freddo e si sentiva male.» J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 499


39 « La testa gli girava, ma dal calore che aveva in corpo comprese che gli avevano dato di nuovo la pozione.” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 499


40 “Né Pipino né Merry ricordarono molto della successiva parte del viaggio. Sogni angosciosi e veglie ancor più angosciose si fondevano in un sentimento di sofferenza, da cui la speranza svaniva sempre più.” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 499


41Non preoccupatevi di questo”, disse Barbalbero. “Vi darò io una bevanda che vi terrà verdi e vegeti per molto molto tempo.” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani p. 516

Secondo quanto riferisce il Libro Rosso, Brandobras Tuc (Ruggibrante), figlio di Isengrim Secondo misurava due braccia ed era capace di montare a cavallo. Il suo record fu battuto in tutta la storia hobbit da altri due personaggi soltanto: ma di questo parleremo in seguito.” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 26


42 The identity of this healing herb has been much discussed, but it is most likely a species of Symphytum (and thus a relative of the medicinal herb comfrey)” Walter S. Judd & Graham A. Judd, Flora of Middle Earth, Oxford University Press, 2017, p.198


43 “Tutti i libri illustrati di botanica (o meglio, il contatto diretto con una flora inconsueta) hanno per me un fascino speciale. Non tanto gli esemplari rari, insoliti o totalmente indipendenti, quanto piuttosto le variazioni o permutazioni di fiori che sono evidentemente imparentati con quelli che conosco, ma non uguali. In me suscitano visioni di parentele e discendenze attraverso lunghe ere, e pensieri sul mistero degli schemi/disegni come cose distinte rispetto all’incarnazione individuale e riconoscibili.” J.R.R.Tolkien, Lettere 1914/1973, Bompiani, 2018, Lettera 312.

Le possibili “parentele” tra piante della Terra di Mezzo e Mondo Primario sono state esaminate da Walter S. Judd & Graham A. Judd, Flora of Middle Earth, Oxford University Press, 2017


44 “Una pianta medicinale che gli Uomini dell’Ovest portarono nella Terra di mezzo. La chiamavano athelas, e ora cresce in luoghi remoti, e solo vicino a dove essi vissero o si accamparono in antico; e non è affatto conosciuta al Nord, eccetto che da quelli che errano nelle Terre Selvagge. I suoi poteri sono grandi, ma per questa ferita non so se basteranno” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani p. 234


45 L’erba aveva anche qualche potere sulla ferita, poiché Frodo sentì diminuire il dolore e anche il senso di freddo glaciale.» (grassetto non presente nel testo) J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani p. 234


46 «Benché ogni scienza tradizionale avesse perduto ormai molto dell’antica perfezione, l’arte medica di Gondor era tuttavia ancora assai profonda, ed abile nel guarire sofferenti e feriti e qualunque tipo di malattia conosciuta dai mortali che vivevano ad est del Mare, eccetto la vecchiaia.” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani


47 “Teofrasto di Ereso, successore di Aristotele come scolarca del Liceo (…) E’ nell’ambito della sistemazione teofrastea che compare la nozione di virtus nel senso di potenzialità efficace affermatasi poi decisamente in un’opera fondamentale per tutta la tradizione successiva: il De materia medica di Dioscoride.” Odone di Meung, Virtù delle erbe, Fonti medievali per il terzo millennio Città Nuova, 2000, Roma, p. 5


48 “L’anima ama la discrezione in tutte le cose. Per questo ogni volta che l’uomo mangia o beve senza discrezione, o qualunque altra cosa faccia così senz’ordine, le forze dell’anima si sgretolano.” Ildegarda di Bingen, Il Libro delle Opere Divine, a cura di M. Cristiani e M. Pereira, Milano, Mondadori, 2003 p. 415


49La noce moscata ha un felice equilibrio nelle sue forze. L’uomo che mangia della noce moscata apre il proprio cuore, purifica i propri sensi e ne trae delle buone disposizioni.” Ildegarda di Bingen, Il Libro delle creature, Carrocci


50 La visione, di cui parla al singolare, riferendosi alla modalità del conoscere che negli scritti profetici dà vita alle immagini (visioni) con cui si apre ogni sezione, è la capacità di vedere attraverso la vista interiore – senza perdita dei sensi né alterazione dello stato di coscienza – sia gli occulti misteri della Sapienza divina, sia il senso segreto della storia dell'umanità dalla caduta alla riconquista della salvezza, sia infine le proprietà invisibili celate sotto l'apparenza sensibile delle creature, che all'umanità offrono sostentamento e aiuto. In quanto accesso alla Sapienza, lo spirito profetico di Ildegarda non si manifesta dunque soltanto nei suoi scritti visionari e nella predicazione, ma anche nei libri naturalistici, nei quali l'autrice rende disponibile la comprensione così ottenuta degli aspetti segreti e profondi della realtà naturale (subtilitates), che possono ridare all'umanità la chiave della salute e della salvezza.” M. Pereira, Note dall’epistolario di Ildegarda di Bingen, p.75


51 “Tutto, infatti, tutto ciò che esiste nell’ordine di Dio, risponde con tutto”, Ildegarda di Bingen, Il libro delle opere divine,


52 “Nella tradizione monastica lo studio e la coltivazione delle erbe salutari sarebbero divenute attività tradizionalmente ritenute indispensabili. Non si trattava soltanto di mantenere o di recuperare la salute: si trattava anche di riflettere sull'intima rispondenza tra tutte le cose del creato; sull'armonia che regnava tra i pianeti, gli animali, le piante, i metalli e l'uomo stesso.” F. Cardini, Le piante magiche, L’ambiente vegetale nell’Alto Medioevo, 1989, p. 626


53 “It wouldn’t be stretching a point to say that Middle-Earth itself appears as a character in its own right. (…) Even the various races of people in Middle-Earth are rooted to and unimaginable – both to themselves and to us – without their natutal contests. As Sam said of the Elves in Lothlorien, “Whether they’ve made the land or the land’s made them, it’s hard to say” P. Curry, Defending Middle Earth, First Houghton Muffin Book edition, 2004, p. 50


54«Eru darà loro dominio, ed essi si avvarranno di tutto ciò che troveranno in Arda ancorchè, secondo

il proposito di Eru, non senza rispetto né senza gratitudine» J.R.R.Tolkien, Il Silmarillion, Bompiani p.47


55 «Gemme e cristalli e filoni di minerali preziosi scintillano sulle pareti lucide; e la luce risplende attraverso marmi ondulati simili a conchiglie, luminosi come le vive mani di Dama Galadriel. Vi sono colonne di bianco, di zafferano e di rosa-alba plasmate e modellate in forma di sogno; sorgono da pavimenti di mille colori per avvinghiarsi agli scintillanti soffitti.» (…)«Non vi è Nano che rimarrebbe impassibile innanzi a tanta bellezza. Nessun discendente di Durin scaverebbe quelle caverne per estrarne gemme e minerali. Abbatti tu, forse, boschetti di alberi in fiore per raccoglier legna in primavera?» J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani


56 “Protagoniste del Libro delle creature sono, naturalmente, le creature. In questo termine rientrano tutti i componenti del creato, siano essi animali –dunque pesci, uccelli, quadrupedi o rettili-, vegetali –piante o alberi- o infine pietre, metalli, ed elementi, tra i quali spiccano i fiumi della nativa Germania.” Ildegarda di Bingen, Il Libro delle creature, Carrocci, Roma, 2009, p. 27


57 “Sin dal principio possedevano l’arte di sparire veloci e silenziosi al sopraggiungere di genti che non desideravano incontrare, ma ora quest’arte l’hanno talmente perfezionata che agli Uomini può sembrare magica (…)dovuta a un’abilità professionale che l’eredità, la pratica e un’amicizia molto intima con la terra hanno reso inimitabile” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 25


58 “Resta il fatto che se la natura selvaggia inizia là dove finiscono il giardinaggio e l’agricoltura, ciò significa che l’antropizzazione del territorio è avvenuta soprattutto a discapito delle foreste. Da questo punto di vista Barbalbero è più simile al Vecchio Uomo Salice di quanto si possa essere portati a pensare. Lo fa notare Verlyn Flieger in un suo bellissimo saggio. Barbalbero ci viene presentato come più simpatico perché lotta contro il malvagio Saruman, mentre il Vecchio Uomo Salice è più inquietante perché attenta alla vita dei bonari Hobbit; tuttavia entrambi agiscono mossi dallo stesso spirito di vendetta contro gli abbattitori d’alberi. Nel caso della foresta di Fangorn sono gli Orchi di Isengard; nel caso della Vecchia Foresta sono gli Hobbit della Contea, i quali hanno condotto una vera e propria guerra contro gli alberi che attaccavano la Siepe, con tanto di rappresaglia e punizione esemplare (un grande falò in mezzo alla Foresta).” Wu Ming 4, Difendere la Terra di Mezzo, Odoya, Bologna, 2013, p. 163


59Il destino degli Elfi è fin da subito segnato da un indissolubile legame di questo popolo con il mondo creato” Claudio Antonio Testi, Santi pagani nella Terra di Mezzo di Tolkien, Bologna, Studio Domenicano, 2014, p. 145


60Gli Elfi sono disegnati da Tolkien come esseri apparentemente concepiti per la felicità: immortali, eternamente giovani, non soggetti a malattie, belli, nobili di carattere, coraggiosi, dotati di profondo senso della lealtà e dell’onore, inventori e maestri dell’arte della parola sia come mezzo di comunicazione sia come arcano strumento di potere, in perfetta comunione con la natura con la quale dialogano direttamente, naturalmente portati per le arti e i mestieri da essi resi una cosa sola e dotati, infine, di un gusto innato per il bello e la sua creazione/fruizione” G. Canzonieri, L’invidia sbagliata, in La Falce spezzata, Marietti 1820, Milano, 2009, p. 202


61 “Gli Elfi non erano soggetti a malattie” J.R.R.Tolkien, Lettere 1914/1973, Bompiani, 2018, Lettera 212


62 “Their fëar were tenacious therefore of life “in the raiment of Arda”, and far excelled the spirits of Men in power over the “raiment”, even from the first days protecting their bodies from many ills and assaults (such as desease) and healing them swiftly of injuries, so that they recovered from wounds that would have proved fatal to Men” J.R.R.Tolkien, Morgoth’s Ring, Harpers Collins 2015, p.218-219


63 Armonia con la Natura: tutti gli Elfi (Eldar e Moriquendi) sono in un rapporto armonico con la Natura molto più profondo di quello degli Uomini o delle altre razze di Arda. Questa “assonanza” con la vita in tutte le sue forme permette loro di interagire e di “comunicare” con la flora e la fauna della Terra di Mezzo in un modo che sembra “magico” ad esseri meno percettivi” Simone Bonechi, Per una definizione

della magia in Tolkien, Endore n. 6


64 “The Elves more precisely embody the original harmony of natureG. Hood, The earthly Paradise in Tolkien’s The Lord of the rings, Proceedings of the J.R.R.Tolkien centenary conference, Kebble College Oxford, 1992, p. 142

65 “Chi crede in un Dio personale, Creatore, non pensa che l’Universo sia di per sé da venerare, anche se studiarlo devotamente può essere uno dei modi di onorare Dio. E se come creature viventi siamo (in parte) dentro di esso e parte di esso, le nostre idee su Dio e i modi di esprimerle deriveranno in gran parte dalla contemplazione del mondo intorno a noi.” J.R.R.Tolkien, Lettere 1914/1973, Bompiani, 2018, Lettera 310

66 Se almeno Gondor avesse dei re come quelli che pare regnassero in passato! Perché le antiche saghe dicono: le mani del re sono mani da guaritore” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani,


67 “Per lunghi secoli i re di Francia e i re d’Inghilterra hanno – per usare un’espressione un tempo classica – “toccato le scrofole”; pretendevano cioè di guarire, con il solo contatto delle mani, i malati colpiti da questa affezione; attorno ad essi si credeva comunemente alla loro virtù medicante.” Marc Bloch, I re taumaturghi, Einaudi, Torino, 2016, p. 5

L’idea della regalità sacra, retaggio di età quasi primitive, rafforzata dal rito dell’unzione e dallo sboccio della leggenda monarchica abilmente sfruttata, inoltre, da politici astuti, tanto più abili ad utilizzarla quanto più spesso condividevano essi stessi il pregiudizio comune, ossessionava la coscienza popolare. (…) Pertanto, è difficile veder nella fede del miracolo reale qualcosa di diverso dal risultato di un errore collettivo.” Marc Bloch, I re taumaturghi, Einaudi, Torino, 2016, p. 334-335


68 “Ecco della foglia di re, signore”, disse; “ma temo che non sia fresca. Dev’essere stata raccolta almeno due settimane fa. Spero che possa servire, signore!” Poi, guardando Faramir, scoppiò in lacrime. Ma Aragorn sorrise. “Servirà”, disse. “Il peggio è ormai passato.” J.R.R.Tolkien, Il Signore degli Anelli, Bompiani, p. 936